Un tempo c’era il fotografo a Roma con il suo studio fotografico. Un luogo pieno di fondali e luci, carico di mistero. Era un grande ambiente, con due piccole stanze, che di solito erano l’ ufficio ed il camerino per le modelle, ed un minuscolo bagno. Aveva quell’odore un po’ di muffa che ne aumentava il fascino. Erano i clienti ad andare dal professionista. Era tutto un andare e venire, carichi di ogni oggetto e vestito. Quelle sale si riempivano improvvisamente di gente: modelle, art-director, stilisti, truccatori, parrucchieri. Per qualche ora sembrava regnasse il caos. In realtà tutto seguiva una precisa strategia che aveva il suo culmine nel servizio fotografico.
Nel ritmo di lavoro, in quel caos giornaliero, capitava anche chi avesse bisogno di fotografare barattoli, lampade, spazzolini da denti e quant’altro. Fu un settore di nicchia inizialmente; per poi trionfare in un suo specifico genere: still-life, in italiano natura morta. Era un modo diverso di fotografare. Chi si dedicò a questo genere, cambiò struttura e gestione del proprio spazio di lavoro. Il fotografo si trovò in solitudine a studiare per giornate intere il singolo scatto, aggiungendo o sottraendo singoli brillii di luce; dedicandosi ore ad attenuare un riflesso. Non esisteva il computer, neanche si immaginava potesse essere inventato. Quindi tutto era studiato prima, per evitare errori. Si utilizzavano lastre fino a 20×25 cm, i famosi banchi ottici, dove era possibile tutto, anche deformare le linee prospettiche. Perché ovviamente nulla poteva essere modificato dopo. Fari di luce bollente e gialla spostati anche di pochi cm, attenuati da carta traslucida attaccata con mollette di legno, e non di plastica che si sarebbero bruciate. Poi la corsa, con il set ancora montato, al laboratorio per sviluppare la prima lastra. Se andava bene si sviluppava la seconda, oppure si correva a studio per correggere gli errori.
Un mondo completamente spazzato via. Cominciò la moda ad ambientare i servizi in alberghi, ville, appartamenti, e poi lungo le vie, e le piazze. Gli studi rimasero solo per gli still-life. Grandi tavoli per apparecchiare ricostruzioni d’ambiente; fondali e oggetti d’arredamento; per raccontare con elementi di contorno una storia, dare un’idea, regalare emozioni e sensazioni. Si fotografava una penna con accanto un’agenda, un posacenere con una pipa, e di sfondo sfocata, ma non troppo, una scrivania con una segretaria rigidamente in tubino nero attillato e corto. Gli oggetti dovevano essere perfetti, privi di ogni graffio o segno di usura. Ci si preparava giorni e giorni cercando dal cliente la penna perfetta, oppure la pipa nuovissima e senza ammaccature.
Con l’arrivo del digitale, invece, tutto questo non è più servito a niente. Immensi monitor hanno sostituito i tavoli da still-life. Le luci sempre più piccole, meno potenti. Il flash, più freddo ed economico, ha sostituito l’incandescente luce continua. Lo studio è diventato una stanza.
A volte sembra quasi ci si possa fare le fotografie da soli senza l’ausilio di un professionista. I nostri cellulari sono sempre più performanti. Le immagini non devono più riempire i cartelloni delle città; le campagne sono diventate minimaliste. Certamente ognuno può mettere su una scrivania l’oggetto che interessa fotografare, e scattare con il proprio smartphone. E’ facile, come è facile prepararsi la lasagna da soli; come riesce facile fare un ottimo pollo arrosto, oppure qualunque prodotto di food. Però poi mi chiedo anche: ma allora perché continuano ad esistere, sempre più floridi, ristoranti e pizzerie? Perché, per quanto si sia bravi a cucinare, è sempre necessario, in alcune situazioni, il professionista per togliere un pensiero in più. Un conto è passare una mattina intera in cucina, un conto è passarla in salotto con gli amici, perché dopo, il pranzo, lo si fa al ristorante vicino casa.
Oggi non servono più set mirabolanti con intere giornate passate a sistemarli. Oggi basta un fondale bianco su cui appoggiare il prodotto, che potrebbe essere un barattolo, un gustoso piatto di alta cucina, oppure una penna, oppure qualunque cose si voglia. Sarà poi facilissimo scontornarlo per ambientarlo nei posti più esotici dell’universo. Anche la luce può essere molto facilmente manipolata al computer. Tutte cose che possono fare i figli ed i loro amici. Ma si può anche decidere di chiamarmi, per liberarsi di ogni pensiero, per avere il prodotto finito, senza problemi, pronto su un bel vassoio. Proprio come succede al ristorante con il food.